Presentato questo pomeriggio in Cappella Farnese
22 Maggio 2024È stato presentato questo pomeriggio in Cappella Farnese il primo Bilancio di Genere delle tre aziende sanitarie di Bologna.
Intervenuti l’Assessore al Welfare e salute del Comune di Bologna Luca Rizzo Nervo, la Responsabile Piano per l’Uguaglianza della Città metropolitana di Bologna Simona Lembi, le professoresse Benedetta Siboni e Paola Canestrini rispettivamente del Dipartimento di Scienze Aziendali e del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Bologna che hanno contribuito alla realizzazione del Bilancio, la Presidente del Comitato Unico di Garanzia dell’Istituto Ortopedico Rizzoli Elisa Porcu e i direttori generali delle tre aziende sanitarie di Bologna Paolo Bordon dell’Ausl, Anselmo Campagna dell’Istituto Ortopedico Rizzoli e Chiara Gibertoni dell’Azienda Ospedaliero Universitaria.
Questo primo Bilancio di Genere nasce dall’iniziativa dei CUG delle tre aziende sanitarie - Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni del lavoro – che hanno deciso di mappare la situazione attuale e offrire una rendicontazione circa l’impiego di risorse, prestazioni erogate e politiche sul personale delle aziende sanitarie di Bologna, lette attraverso la lente di genere, al fine di fornire uno strumento che costituirà una valida base informativa a supporto di politiche del personale sempre più attente alla parità e volte al raggiungimento di una maggiore equità sociale.
Tra i dati più interessanti emersi grazie a questo lavoro c’è la disparità di stipendio tra donne e uomini medici per lo stesso tipo di ruolo o incarico.
Il personale delle tre aziende sanitarie ammonta a un totale di 17.216 persone, 7 su 10 donne: sono prevalenti nel settore amministrativo, 77%, e in quello infermieristico e socio-sanitario, il 75% in entrambi i casi.
Al contrario tecnici, operatori tecnici e ingegneri sono prevalentemente uomini, settori nei quali il divario di stipendio di genere arriva fino al 9% a sfavore delle donne. In ambito amministrativo, nella dirigenza professionale il divario retributivo è a favore delle donne, +4%, ma la differenza si ribalta quando si raggiungono posizioni apicali come ad esempio la direzione di struttura complessa amministrativa.
In ambito sanitario, mentre il personale infermieristico è vicino alla parità retributiva, le cose cambiano per il profilo medico: le donne percepiscono in genere il 10% in meno dei colleghi uomini, arrivando fino a una differenza del 44% nei ruoli di direttori di struttura complessa. Il divario economico è dovuto principalmente al maggiore numero di ore che i professionisti uomini riescono a dedicare alle attività di libera professione. Così si concretizza, ancora una volta, una lettura della società in cui alla donna è affidato il maggiore carico della gestione familiare in termini di tempo ed energie. Con una inevitabile ricaduta nello sviluppo della carriera e delle attività professionali delle professioniste.
Presente, inoltre, un divario di stipendio a sfavore delle donne anche tra i medici convenzionati come i medici di base o i pediatri di famiglia.
Anche il tipo di contratto vede una disparità di genere da indagare, i contratti atipici o a tempo determinato sono infatti assegnati maggiormente alle donne rispetto agli uomini. I dati raccolti hanno mostrato inoltre fenomeni di segregazione verticale relativamente agli avanzamenti di carriera.
Una sezione è dedicata al personale della ricerca scientifica sanitaria: i dati mostrano che, nonostante la consistente presenza femminile tra il personale dedicato alla ricerca, sono gli uomini a rivestire prevalentemente ruoli di Principal Investigator (PI) e quindi di responsabilità e prestigio nella conduzione di studi clinici e progetti di ricerca. Il contributo maggiore alla pubblicazione scientifica, identificato mediante la firma di primo autore, è attribuito ad una donna in 4 pubblicazioni scientifiche su 10.
La seconda parte è dedicata ai costi di produzione e alle prestazioni erogate dalle aziende sanitarie come l’accesso in Pronto Soccorso, l’assistenza ospedaliera e i ricoveri, l’assistenza specialistica e quella farmaceutica.
Da un confronto sotto la lente di genere dell’accesso ai Pronto Soccorso delle tre aziende sanitarie emerge che non vi sia una sostanziale differenza tra il numero di accessi degli uomini e delle donne, tuttavia sono soprattutto uomini coloro che abbandonano il PS prima della conclusione del percorso (56% uomini e 44% donne).
Nel documento un focus particolare è stato dedicato al tema della salute mentale e delle dipendenze patologiche, sempre in un’ottica di analisi di genere.
Nel 2022 il Dipartimento di Salute Mentale dell’Ausl di Bologna ha preso in carico 33.373 pazienti (di cui il 59% donne e il 41% uomini). La diagnosi primaria maggiormente rappresentata (42% del totale delle persone in carico) riguarda i disturbi d’ansia seguita dalle psicosi (16%). Mentre i disturbi d’ansia riguardano prevalentemente le donne (64% del totale), le psicosi sono maggiormente rappresentati tra gli uomini (54%).
I soggetti in trattamento al Servizio per le Dipendenze Patologiche (SerDP) dell’Ausl sono stati 3.772, di cui il 21,7% femmine e il 78,3% maschi. Tra queste persone l’età media delle donne che si sono rivolte ad un servizio nel territorio dell’Azienda USL di Bologna per dipendenza da oppioidi, cannabis, cocaina e crack è inferiore a quella dei maschi.
Un’ulteriore analisi è stata dedicata all’assistenza alla nascita. In particolare, in Azienda USL e Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna, nel 2022, sono avvenuti complessivamente 6.243 parti, di cui 28,4% con taglio cesareo, pratica più ricorrente nelle donne di età più avanzata: la metà di tutti i cesarei ha coinvolto donne di età maggiore ai 41 anni.
Il Bilancio affronta anche altre tematiche, tra cui le opportunità di formazione e la prevenzione dei rischi, le aggressioni, l’equilibrio tra vita lavorativa e privata.
Il Bilancio di Genere delle aziende sanitarie bolognesi è consultabile qui.