- Che cos'é l'osteosarcoma?
- Chi può ammalarsi di questa malattia?
- Come si manifesta?
- Quali sono gli esami diagnostici?
- Come si cura?
- Sono necessari controlli dopo il termine della cura?
Che cos'é l'osteosarcoma?
L'osteosarcoma è costituito da una famiglia di tumori maligni composti da cellule mesenchimali che producono matrice osteoide. Questi tumori nascono prevalentemente nelle ossa lunghe vicino alle grandi articolazioni, come il ginocchio e la spalla, ma possono insorgere in altre sedi scheletriche.
L'osteosarcoma classico, la variante più comune, presente in circa 70% dei pazienti, è il tumore maligno primitivo dell'osso più frequente in età pediatrica e adolescenziale.
Sulla base di caratteristiche istologiche si possono distinguere sottotipi a basso o ad alto grado di malignità. L'osteosarcoma può presentarsi con o senza metastasi al momento della diagnosi. Meno frequentemente risulta essere un tumore secondario insorto in pazienti adulti dopo radioterapia.
Chi può ammalarsi di questa malattia?
Si tratta di un tumore raro con un’incidenza in Italia di circa 125 nuovi casi all'anno, una frequenza leggermente superiore nei soggetti maschili rispetto a quelli femminili.
L'unico fattore ambientale che risulta essere associato al rischio di sviluppare l'osteosarcoma è l'esposizione alle radiazioni. L'osteosarcoma è, inoltre, più frequente in pazienti affetti da rare sindromi genetiche ereditarie. La più conosciuta è la sindrome di Li-Fraumeni con mutazioni o delezioni del gene oncosoppressore TP53. Un altro fattore genetico predisponente all'insorgenza di osteosarcoma è la delezione completa del gene retinoblastoma (RB1) in pazienti affetti dal retinoblastoma ereditario.
Nonostante l'osteosarcoma sia caratterizzato da un genoma molto caotico e instabile, le alterazioni di TP53 sono state confermate essere il fattore genetico più rilevante per la predisposizione allo sviluppo di questo tumore.
Come si manifesta?
Il primo e più frequente sintomo è il dolore spesso senza causa apparente o insorto in seguito ad un trauma. Dopo settimane si può osservare un gonfiore nella zona colpita. In situazioni avanzate la mobilità dell'articolazione può essere ridotta. In alcune situazioni particolari l'osteosarcoma può indebolire l'osso e renderlo fragile portando, come conseguenza, ad una frattura patologica.
Quali sono gli esami diagnostici?
Nel sospetto di un osteosarcoma, è bene effettuare esami radiologici. Una semplice radiografia della parte interessata spesso può evidenziare la lesione. Esami di secondo livello, come una Tomografia Computerizzata (TC) e una Risonanza Magnetica (RM), consentono di definirne l’estensione locale. La conferma diagnostica viene effettuata tramite un prelievo di materiale tumorale (biopsia).
Per la valutazione di eventuali localizzazioni di malattia a distanza (metastasi), vengono condotte una scintigrafia scheletrica o una PET globale corporea con glucosio radiomarcato (18-FDG) e una TC del torace.
Negli osteosarcomi ad alto grado, metastasi a distanza sono presenti in circa il 15-20% dei nuovi casi. Peraltro, considerate le percentuali di guarigione riportate con il solo trattamento chirurgico (come avveniva in era pre-chemioterapica), va segnalato come l'incidenza di micrometastasi sia ipotizzabile attorno all'85% dei casi anche fra i pazienti con malattia considerata localizzata.
La presenza, alla diagnosi, di metastasi evidenziabili con esami radiologici, rappresenta il fattore prognostico più importante nell’osteosarcoma.
Come si cura?
Nelle forme a basso grado di malignità, è previsto solo il trattamento chirurgico. Altre modalità terapeutiche (radioterapia con fotoni o con particelle pesanti, perfusione degli arti) hanno indicazione solo in casi estremamente particolari e selezionati.
Nelle forme ad alto grado, con malattia localizzata, l’introduzione della chemioterapia, in aggiunta alla chirurgia, ha permesso di registrare un aumento della sopravvivenza a 10 anni da meno del 20% a più del 60%.
Farmaci di dimostrata efficacia e largamente utilizzati sono il metotrexate, l'adriamicina, il cisplatino, l'ifosfamide, l’etoposide. Più recentemente è stata mostrata l’attività della combinazione di gemcitabina e docetaxel.
Allo stato attuale, non è ancora stato identificato un trattamento chemioterapico standard. Dati ottenuti da diversi studi clinici supportano l’utilizzo, in prima battuta, di regimi chemioterapici che prevedono metotrexate ad alto dosaggio, adriamicina e cisplatino, mentre l’utilizzo dell’ifosfamide in aggiunta ai tre farmaci precedentemente descritti, è ancora controverso.
L’assetto genetico estremamente complesso dell’osteosarcoma rende difficoltoso lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche. Tuttavia, numerosi studi stanno valutando l’efficacia di farmaci immunoterapici e farmaci mirati su bersagli molecolari, oltre a terapie cellulari. In Europa è stato recentemente registrato l’impiego di mifamurtide, un farmaco immunostimolante approvato nella terapia delle forme localizzate, dopo chirurgia curativa, al di sotto dei 30 anni.
Sono necessari controlli dopo il termine della cura?
Nelle forme localizzate di malattia, una volta completato il programma di trattamento, inizia una fase di periodici controllo clinici e radiologici (follow-up). Lo scopo del follow up oncologico è quello di identificare la ripresa di malattia il più precocemente possibile, così da favorirne l’eventuale trattamento chirurgico. L'80% circa delle recidive si verifica nei primi tre anni e in circa il 90% dei casi la ripresa di malattia coinvolge i polmoni. Per questo motivo i protocolli di follow up raccomandano un controllo periodico della TC del torace senza mezzo di contrasto oltre al controllo radiologico del segmento osseo sede di malattia.
Infine, è importante proseguire il follow up per monitorare i possibili effetti collaterali a lungo termine dei trattamenti.
Data ultima revisione: 07/03/2022